Gomorra
Posted: May 20th, 2008 | Author: anarcosurr | Filed under: L'age d'or | 1 Comment »
Andate a vedere Gomorra di Matteo Garrone.
Forse non sarà un capolavoro, parola di cui a volte la critica abusa con troppa leggerezza, ma di certo è un piccolo miracolo.
Un oggetto cinematografico unico, a distanze siderali dalle Piovre, dal poliziottesco, dall’estetismo del brutto (patologia abbastanza diffusa nel neo-neorealismo nostrano).
Colpisce per il rigore dello stile che raggiunge il massimo di verità attraverso il massimo di artificio: piani sequenza fluidissimi, uso molto elaborato del fuori campo e del fuori fuoco, macchina da presa inchiodata ai personaggi. Stupisce per la precisione assoluta dei dettagli: le facce, i vestiti, i tic, le situazioni. Solo musica d’ambiente, soprattutto canzoni dei neomelodici napoletani, mescolata a uno stratificato mosaico di suoni e rumori. I sottotitoli accompagnano gran parte delle sequenze, recitate in dialetto stretto. L’ambientazione è costituita da luoghi reali: le Vele di Scampia, le campagne del Casertano, la costa di Napoli. Attori professionisti come Tony Servillo vengono amalgamati alla perfezione a gente presa dalla strada raggiungendo un risultato assolutamente strepitoso per vivezza e immedesimazione.
Il racconto rimane sempre misurato, la tensione sostenuta, senza un momento di stanca in due ore e un quarto. Non un movimento di macchina di troppo, nessuno che crepi al ralenti. Non c’è un pianto, una mamma affranta che urla “Me l’hanno acciso!”, un intermezzo sentimentale, un facile gesto di riscossa. Non c’è la minima spettacolarizzazione della violenza, sempre cruda e squallida e soprattutto mostrata come parte integrante della quotidianità, un accidente vissuto con
indifferenza.
Il risultato è un’immersione totale in una zona di guerra, in cui si può morire con una facilità sconcertante e si vive per lo più alla giornata in balia del potere criminale che dà “conforto e lavoro”.
La differenza fondamentale rispetto al libro di Saviano (autore del soggetto e cosceneggiatore) è la rinuncia alla denuncia concreta: al posto di nomi, dati e fatti di cronaca, cinque storie esemplari riprese dal libro e raccontate in parallelo. Ciò che si perde in precisione viene convertito in potenza, ma se si guarda con la dovuta attenzione ci si accorge che tra le righe c’è tutto.
Credo si possa affermare che il film stabilisce un rapporto di complementarietà con l’inchiesta: quello che Saviano spiega e denuncia, il film di Garrone ce lo fa vivere sulla pelle, creando un’ angoscia pervasiva che diventa rabbia per uno stato di cose del tutto intollerabile.
Jack Conti
Ciao Jack,
Credo che la tua analisi del film di Garrone sia esatta.
Il film evidenzia quell’aspetto “umano” che nel libro è presente, ma indubbiamente si perde tra i dati economici, sociali e politici dell’analisi del fenomeno camorristico.
Garrone ha dichiarato di aver voluto realizzare un film “apocalittico e senza speranza”. Credo che ci sia riuscito perché la sensazione, alla fine, è quella dell’assenza di una via di uscita…o entri nel “sistema” o sei morto, non hai nessuna possibilità, nessuna alternativa. O, almeno,questa è la sensazione che ho provato io.
Il fatto che questa non sia solo una “realtà” cinematografica spettacolare, ma bensì una “realtà reale”, non può che lasciare amarezza e rabbia, disillusione e impotenza.
Ma, malgrado tutto, non deve sfuggire la consapevolezza della presenza, in quel territorio e in tutta Italia, di realtà diverse che cercano di ribellarsi e di muoversi in direzione contraria, mantenendo viva la speranza.