Cut the tree of life

Posted: May 24th, 2011 | Author: | Filed under: L'age d'or | Comments Off on Cut the tree of life

Fotografia impareggiabile, inesorabili moti celesti, amniotici paesaggi sottomarini e alghe Tarkovskiane, la digressione più lunga della storia del cinema e lo stormo di uccelli più suggestivo, un coelophysis pietoso e Brad Pitt nel difficile ruolo del Nome del Padre, risolto brillantemente con culo squadrato e mascella fissa, l’ultima scena sulla spiaggia che fa rimpiangere il finale di Longtime Companion – più semplice, più umano.

Due ore e rotte di estasi panteista che non mi sono piaciute per niente, nonostante i più onesti sforzi. L’impressione è che la giuria di Cannes abbia scambiato, come succede, la grandezza del tema per l’efficacia della realizzazione: se The Thin Red Line aveva un limite entro il quale la tecnica e l’atmosfera rarefatta del regista andavano a segnare un punto per la pace e la fratellanza universale, The Tree of Life si perde oltre l’orizzonte.

L’indifferenza di dio e l’ineluttabile ingiustizia fra gli uomini, che il film rappresenta attraverso il mito di Caino, nella versione di Saramago, non regge però il confronto con la profondità, il cinismo e la piacevolezza dello scrittore portoghese. Tanti sono i punti in comune tra il film e il romanzo, tanti quelli in cui il film sfigura.

La suggestione più interessante che il film permette è quella di un dio dai tre volti, maschile, impersonale e femminile, che potrebbe tentare una critica psicanalitica di indirizzo femminista e post-lacaniano (tipo Luce Irigaray e Cornelius Castoriadis, tanto per confermare che Malick resta un texano culturalmente ben pasciuto). Il momento più consapevole in questa direzione sembra essere quando il giovane Caino si rende conto che la sua ribellione contro il Padre non fa altro che renderlo uguale a lui, e che l’alternativa è una religiosità più aperta e più femminile.

Ma pur sempre passiva, e pur sempre religione.

 

Carlo


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