L’anima buona di Freddy Krueger

Posted: March 30th, 2012 | Author: | Filed under: La chambre d'écoute | Comments Off on L’anima buona di Freddy Krueger

Mai visto un confine così netto tra campagna e città: a sinistra campi vasti e scuri, a destra un muro e le schiene senza finestre di casette di periferia, classe media, piccole fortezze vuote separate da siepi. In mezzo una strada, le due corsie divise da un’aiuola per impedire i sorpassi.

In questo scenario quotidiano e po’ schizoide la Salle de Fêtes Jacques Brel a Gonesse stava come un punto, segnato col neon, in mezzo al nulla – forse perchè lo cercavamo da un’ora e mezza, forse perché lo immagino come l’unico luogo di incontri di quello che era un paese, ora inghiottito dalla periferia. Anche se probabilmente gli anziani non ci ballano più il liscio, e il programma dei concerti che ospita questa sala sperduta potrebbe competere con l’insieme dei teatri genovesi.

Quella sera erano la Kočani Orkestar con la banda zigana Taraf de Haïdouks per Banlieues Bleues, un festival che porta blues, jazz e rock da tutto il mondo nella periferia di Parigi – uno sforzo doveroso contro la centralizzazione della metropoli. Poche sedie in sala e un grande spazio aperto davanti al palco: cattiva organizzazione, si mormora, anche se poi tutti tranne i più anziani si alzeranno per ballare.

Un momento di sconcerto nel silenzio all’inizio della serata, complice qualche problema di amplificazione, quando i due violinisti della banda Taraf scaricano i primi accordi, allegramente dissonanti. Un boato all’ingresso della brass band macedone. Romeni e gitani, nel pubblico, insieme ad una truppa di anarcoidi parigini (detto con affetto) che incitano con grida e balli e conoscono tutti i pezzi a memoria. Cigani! Juris!

Tutto questo liberatorio fracasso, contenuto nel Salon Brel, a sua volta contenuto nel nulla. E in mezzo all’orchestra, zitto e immobile, il violino sul fianco, un vecchio musicista che aveva una vaga somiglianza fisica con il personaggio horror di Wes Craven: l’anima buona di Freddy Krueger. Si alza a cantare un paio di pezzi, goliardici e incomprensibili, sembra portarsi dietro tutta una vita nei bordelli da Constanta a Split, passata con dignità enorme. Saluta per mezz’ora, letteralmente, alza le braccia al pubblico e vorrebbe stringere la mano a tutti, e poi saluta di nuovo. Sembra che debba fare il suo ultimo concerto.

Dopo il primo bis, l’Orkestar entra in sala dall’uscita antincendio e si mette a suonare in mezzo agli spettatori. Una ragazza al limite del coma etilico, tutta tremante e saltellando come un folletto mi piomba sul piede. Succede anche questo. Poi, rientrati dietro le quinte e richiamati ancora sul palco a forza di applausi, un gruppetto di suonatori della Kočani provano un pezzo un po’ più lento per mandare tutti a casa, ma non ci credono neanche loro e la musica torna veloce come prima.

Finisce presto, il concerto, perché per rientrare la strada è lunga. C’è chi rientra a piedi nelle case di periferia, chi nelle macchine verso box che costano come appartamenti e chi prende una navetta fino alla stazione della RER, i treni extraurbani dei pendolari della grande ville, ora deserti. Sul binario c’è un addestratore di cani con la faccia da adolescente e al guinzaglio un cane poliziotto, la museruola che gli arriva agli occhi, triste e iperattivo. Ecco un altro che se ne va nella notte insieme ai gitani e all’anima buona di Freddy Krueger.

 

Carlo (testo), Valentina (foto)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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