Prestigio del terrore
Posted: July 4th, 2008 | Author: anarcosurr | Filed under: La Sortie de l'école | 4 Comments »
Un anno fa usciva l’edizione italiana a cura di Mario Lippolis di Prestige de la Terreur, una raccolta di saggi di Georges Henein pubblicata per la prima volta al Cairo il 17 agosto del ’45.
Henein è stato un poeta, un surrealista e un rivoluzionario. Nel 1937 fondò al Cairo, dove era nato, il gruppo Arte e libertà, dal 1939 aderì al FIARI di Breton e Trockij. Finita la guerra, prima coordinò i movimenti surrealisti di svariati paesi e, allontanatosi poi dal movimento, scrisse come giornalista esperto di questioni del terzo mondo. E’ morto nel 1973 a Parigi.
Cosa intende Henein per “prestigio del terrore”? Due cose. La prima, una appropriazione generale delle forme di potere sperimentate dai regimi nazifascisti da parte dei governi capitalisti dopo la seconda guerra mondiale. La seconda, una generale claustrofilia, una rassegnazione all’ingiustizia, radicata in tutti gli strati della società.
San Giorgio, scrive Henein, ha ucciso il drago, ma ora è diventato un drago a sua volta, ricoperto di una lucida armatura, e per questo ancora più pericoloso. In altre parole, gli stessi metodi di sterminio, pulizia etnica, rappresaglia sui civili e controllo militare della popolazione che erano stati combattuti prima, il drago, caratterizzano ora la vita quotidiana delle democrazie post-belliche. Solo che quello che veniva considerato disprezzabile ora è degno di prestigio. Dopo il vivido spettacolo del terrore che è stata la guerra, che ha scoperto i nervi nudi del potere, già nel ’45 Henein ci avvertiva che tutto sarebbe presto tornato come prima.
E, con notevole anticipo sui tempi, Henein descriveva la situazione di inerzia mortale che si è instaurata nel mondo politico contemporaneo, l’altra forma di prestigio del terrore. “Per l’essere civilizzato”, scrive, “vi è qualcosa di peggio della sua perdita di potere sugli organismi che lo rappresentano e agiscono in suo nome. E’ la rassegnazione a questa perdita”. Tale rassegnazione ha molti volti, ma ha radici nell’accettazione dei limiti indiretti che i sistemi di potere impongono alle forme di lotta contro l’oppressione. Come dire, non tanto la rassegnazione agli apparati repressivi, ma a quelli ideologici, che sono in grado di penetrare nell’organizzazione delle stesse attività rivoluzionarie.
Rassegnazione che Henein sintetizza nell’espressione “in mancanza di meglio”: “se si aderisce al Partito comunista (o a qualsiasi altro…) senza avere la minima garanzia della sua politica presente e futura, è ‘in mancanza di meglio…’ […] Se si vota per un candidato il cui aspetto politico vi ripugna e la cui fermezza politica si rivela dubbia, è ‘in mancanza di meglio…'”. In altre parole, quando è il sistema a dettare le alternative, non ci sono vere alternative.
La reazione più umana a questo genere di situazioni è la fuga. Ma il primo segno dell’imporsi del terrore è di impedire ogni fuga, attraverso “la progressiva cancellazione del diritto di asilo”, la cancellazione della libertà di movimento. Movimento materiale e, allo stesso tempo movimento del pensiero. Frontiere militarizzate ai confini degli stati e paralisi mentale nei giovani privilegiati che potrebbero creare alternative, potrebbero fuggire, ma come i borghesi dell’Angelo sterminatore o gli immaturi Basilischi di Lina Wertmuller, si condannano ad una morte per soffocamento. Soccombere, o resistere, in egual misura senza creare alcuna nuova possibilità di cambiamento, sono fonti di prestigio all’interno del sistema perchè entrambe le cose lo rinforzano.
Ciò che Henein immagina contro questa desolazione, di certo pescando dall’esperienza dei surrealisti, è “non un partito, ma forse dei partigiani di un genere nuovo che abbandonassero i modi classici dell’agitazione per dei gesti di perturbazione altamente esemplari”.
Se quindi il fascismo ha accelerato “lo sviluppo dell’elefantiasi morale e materiale che affligge le potenti [allora] istituzioni di “sinistra” nella quali la voce della massa si perde con la stessa facilità di quella degli individui”, la nuova guerriglia di pensiero dovrebbe avere lo scopo di soppiantare innanzitutto l’iniziativa delle gerarchie politiche.
Strappando ai partiti il monopolio del pensiero politico e riducendoli al ruolo di meri esecutori del pensiero creativo rivoluzionario, prima o poi si potrà, sosteneva Henein, superare il blocco che le forze di potere, al governo come all’opposizione,
impongono alla vita politica. E si potrà anche sciogliere il più insidioso e profondo blocco costituito dalla noia e dall’orrore della libertà, dal prestigio del conformismo e del terrore, che prima ancora di essere propagandati dalle istituzioni, hanno una inquietante origine nei singoli individui.
Carlo
Georges Henain Prestigio del terrore, Edizioni Colibrì – I libri dell’Oroboro, 2005
Caro Carlus,
Mi sembra che le affermazioni di Henein sul monopolio del pensiero sociale da parte dei partiti siano un pò invecchiate.
Oggi i partiti non ce l’hanno più, si è spostato già da tempo in altri ambiti:l’economia, la finanza,i mass media…e altri, che plasmano il pensiero sociale comune delle masse con una violenza che i partiti si sognano, riducendoli al ruolo di “meri esecutori” non della volontà popolare ma di interessi ben più deteriori e ingiusti!
Per provocazione ti direi che rimpiango il tempo in cui i partiti di sinistra facevano una formazione seria e rigorosa dei militanti, indottrinandoli ovviamente, ma anche dando loro strumenti utili a ragionare e a farsi valere: per esempio come faceva il PCI con le biblioteche popolari, i seminari, le scuole di formazione dei quadri, i circoli sportivi e ricreativi. Erano strumenti che venivano certamente piegati ad una logica di indottrinamento delle classi popolari, ma che hanno veramente permesso a milioni di persone senza istruzione e possibilità economica di partecipare alla gestione della cosa pubblica. Oggi di tutto questo bagaglio cultural-politico è rimasto ben poco: i partiti di sinistra hanno completamente abdicato al compito di creare cultura di massa, lo hanno lasciato alla tv e al consumo, di modo che il militante tipo non riceve alcuna formazione e si arrangia come può.
E questo secondo me è davvero molto triste, perchè signiica che oggi il principale interesse dei partiti (anche di sinistra) è diventato gestire il potere attraverso gruppi d’interesse il più possibile ristretti e chiusi: che è poi quello che diceva Henein, se ho capito bene…
Poi mi sfugge in cosa potrebbero consistere i “gesti di perturbazione” (definizione affascinante)…
Non credo che Henain considerasse i partiti davvero in grado di avere un monopolio del pensiero sociale, e neanche io – né oggi, e forse nemmeno ieri – almeno intendendo con “pensiero sociale” il presupposto per un comportamento veramente a favore della collettività.
Più che altro Henain lamentava la scarsa iniziativa sia dal basso sia da parte degli intellettuali, che lascia così libero il campo ai partiti di fare quello che vogliono, spesso più nel male che nel bene, e spesso, come giustissimamente fai notare, neanche quello che loro dichiarano di perseguire, ma altri interessi. Henain credo che questo l’avesse già capito, anzi si dimostra già nel 47 molto scettico riguardo alle prospettive del partito comunista, e di ogni partito in generale.
Nonostante il mio rifiuto, almeno in linea di principio, dei partiti come forma di organizzazione politica, condivido la nostalgia per una formazione culturale di sinistra che oggi è stata a dire poco polverizzata. C’è chi dice che nel danno, almeno sia caduto un ultimo velo dagli occhi – ma non mi sembra che finora questa caduta abbia dato buoni risultati…
Per quanto riguarda i gesti di perturbazione – sfugge anche a me! Sto cercando di documentarmi meglio sulla vita e gli altri scritti di Henain. Sono anch’io colpito dal fascino di questa definizione, che sembra evocare qualcosa di più della dimostrazione o dello sciopero, qualcosa che in sé sembrerebbe dover contenere anche un germe di arte…
Grazie,
Carlo
Capisco la tua diffidenza per la forma-partito, ma credo comunque ne possano esistere diverse con diverse caratteristiche, non solo negative. Ad esempio tra il partito azienda fondato da un tizio con gli amici e parenti in una stanza per salvarsi dai debiti e dalla giustizia, e il tentativo mal riuscito e non proprio disinteressato di costruire un nuovo partito “progressista”, continuo a preferire il secondo. Purtroppo lo smantellamento delle strutture della forma partito (correnti, mozioni, sezioni sul territorio) in atto nel PD non lo ha liberato dalla pastoie burocratiche ma lo ha avvicinato ad un “peronismo all’amatriciana” (esagero): il capo Veltroni in rapporto diretto ed emotivo con la base. E in mezzo…boh!
Dunque provoco nuovamente; tra il il partito rete basato sul ricorso al plebiscito e il vecchio partito di massa, scelgo senza dubbio il partito di massa pesante con sezioni,correnti e palle varie…
Tra l’altro ne esistono ancora : Anna ha avuto buona esperienza del PSOE in Spagna, anche nei paesi scandinavi e in Germania il modello è rimasto quello lì.
Ti rispondo indicandoti l’intervento di Marco Travaglio del 14 luglio sulla manifestazione dell’8 (lo trovi su youtube o attraverso il grillo) – oltre alle considerazioni sulla “casta” (che non sono il mio punto di partenza per la critica al sistema politico), Travaglio cita due sondaggi: un terzo degli italiani, pur avendo una descrizione distorta della manifestazione quale è stata data dai media, si è dichiarato favorevole; quasi il 50% degli elettori del pd era favorevole (in contrasto con la dissociazione di Veltroni), ma lo erano anche il 22% degli elettori della lega e il 12% del popolo delle libertà. Questi dati servono a Travaglio per dire che “la piazza, a differenza dei leader del centro sinistra è riuscita a parlare ad una parte importante e a convincere una parte importante degli elettori del centro destra”.
In questa prospettiva la linea politica del pd è doppiamente fallimentare. E fallisce in misura di quanto è vile e prossima alle posizioni della destra. Se abbiamo nostalgia di una coerente (anche se magari dottrinaria) educazione politica di partito, ora forse siamo nella situazione in cui è il paese ad avere qualcosa da insegnare al suo governo e alla sua opposizione.
Il grave difetto sia di una forma di partito mediatico e dittatoriale alla Berlusconi, sia di un sistema alla Veltroni (qualunque sia il suo sistema), sia di un un partito con gerarchia pesante è di trascurare negare e insultare l’intelligenza politica della gente prima, e poi di cercare di condizionarla con violenza. Questo fenomeno si ripresenta in molti esercizi di potere – anche a livello interpersonale.
Qualunque forma di partito, ma anche di condizionamento e tutela culturale, si presta ad agire più come un sistema di drenaggio del dissenso e a favorire l’inerzia culturale che a farsi promotore di ricerca in campo sociale. In questo senso leggo la proposta di Henain di togliere ai partiti il monopolio della politica e il mio pensiero si avvicina al discorso sulla storia della scienza di Feyerabend e all’anarchia in generale. Con questo non voglio annullare le differenze fra i vari partiti, ma solo sottolineare alcune affinità. E riconosciute queste caratteristiche comuni, non dico di polverizzare i partiti, ma teniamone conto!
CRC