Dalla collina dei papaveri

Posted: February 21st, 2012 | Author: | Filed under: L'age d'or | Comments Off on Dalla collina dei papaveri

Giappone 1963. Due storie sul passato dei luoghi e delle persone, e sul ruolo del passato nel presente, si intrecciano intorno ai giovani personaggi dell’ultimo film dello studio Miyazaki, Dalla collina dei papaveri.

In una casa di una borgata di collina sul litorale di Yokoama, la composta Umi, diciassette anni, si occupa delle faccende quotidiane mentre la madre è in viaggio di lavoro e si prende cura di tre bizzarre pensionanti, ospitate per arrotondare le entrate. Ogni giorno, appena sveglia, Umi scende in giardino e alza al vento tre bandiere nautiche in memoria del padre, morto su una nave durante la guerra. Al messaggio che invia in silenzio verso il suo passato risponde ogni giorno, senza che lei lo sappia, il presente: Shun, un ragazzo appena più grande di lei, tutti i giorni alza tre bandiere in risposta al suo messaggio mentre passa sottocosta sul battello del padre per andare a scuola, la stessa scuola di Umi. Shun non ha idea di chi sia ad inviare il messaggio dalla collina dei papaveri, nè a chi sia diretto, e Umi non sa di ottenere una risposta, perchè una siepe di fiori le impedisce di vedere l’imbarcazione di Shun. Si innamorano così, senza saperlo, ognuno cercando qualcosa dentro di sè.

La storia di Umi e Shun si lega a quella di un luogo. Il vento di rinnovamento sollevato dalle imminenti olimpiadi di Tokyo investe la scuola dei due ragazzi quando il direttore annuncia il progetto di demolire la vecchia sede dei club scolastici, il Quartier Latin, per lasciare posto ad una struttura più moderna. Ma un pugno di studenti che ci è affezionato e che vuole conservare le esperienze che l’edificio ha raccolto negli anni, decide di difenderlo con ogni mezzo. Con la goliardia, prima, poi con una campagna stampa, mentre le assemblee scolastiche perdono il loro monocolore patriottico per diventare momenti di scontro appassionato e romantico, fino a mettere in piedi una iniziativa collettiva e concreta. Con la collaborazione dell’intero corpo degli alunni, maschile e femminile, ma soprattutto femminile, il vecchio edificio viene riordinato e ristrutturato, nella speranza che le autorità scolastiche ne riconoscano il valore e gli permettano di restare in vita. Sorvolando sulla fiducia eccessiva nel buon senso delle istituzioni, il Quartier Latin diventa una rappresentazione efficace di quel centro sociale che è necessario per diventare adulti.

Dalla collina dei papaveri mette in constrasto due visioni del presente – come ciò che cancella la storia e pretende di superarla ad ogni istante, e come ciò che nasce da essa, e allo stesso tempo non tanto la preserva, ma la crea. Il punto infatti non è tanto la difesa di uno spazio, nè che con la nuova sede le attività del club sarebbero rimaste danneggiate, ma l’esperienza in sé – la creazione di un luogo pubblico e vivente.

A differenza di tutti gli altri film della famiglia Miyazaki, il film non ha alcun elemento fantastico, anzi, il tono, tra il nostalgico e l’ironia semplice e sincera, ad ogni momento fa pensare che si tratti di un racconto personale di Hayao. Non è così: la regia è del figlio Goro, alla seconda e più felice esperienza, lo scenario, che pure è stato curato da Miyazaki padre, è basato su uno shoyo manga – un genere di fumetto giapponese incentrato sulle avventure romantiche liceali – degli anni ottanta. Tanto più efficaci allora la tecnica e lo stile dello Studio Ghibli, in grado di rendere la realtà materiale dei luoghi, anche se inventati, come le terme della città incantata o il castello errante, e la realtà delle persone che li vivono. Capaci di rendere l’atmosfera del cambio di un epoca, sospesa nel momento, potremmo dire, della “scomparsa delle lucciole”. Le lucciole che ancora si vedevano nelle notti del Giappone in guerra, e nel tristissimo film di Akiyuki Nosaka, Una Tomba per le Lucciole, unico sollievo di due bambini destinati a morire di fame in mezzo alla folla, e le lucciole di cui scriveva Pasolini. Un momento critico del cosidetto passaggio alla modernità, la scomparsa delle lucciole è un simbolo della scomparsa del mondo contadino, mai sostituito da qualcosa di ugualmente vivibile. Il momento della loro scomparsa è anche il momento all’origine dell’immaginario di Miyazaki – l’ascesa della città del ferro raccontata in forma di leggenda in Mononoke. Più ancora, il momento in cui questo immaginario è diventato necessario come forma di resistenza.

Carlo


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