Governo tecnico
Posted: November 22nd, 2011 | Author: anarcosurr | Filed under: La chambre d'écoute | Comments Off on Governo tecnico
Diane Arbus (1967) Masked Man at a Ball, NYC
Carlo
Agnus Dei
Posted: October 19th, 2011 | Author: anarcosurr | Filed under: L'age d'or | Comments Off on Agnus Dei
Agnus Dei di Alejandra Sanchez è un documentario che difficilmente vedremo in Italia. Anche in Messico, dove è stato realizzato e dove uscirà nelle sale prossimamente, non sarà facilmente digerito e promette di riaprire il procedimento giudiziario che vede il sacerdote cattolico Don Carlos Lòpez Valdes accusato di aggressioni sessuali nei confronti di cinquanta minori, nell’arco di più di dieci anni. Non condannato anche a fronte di prove evidenti (tra cui foto molto esplicite, incluse nel film), Valdes continua ad officiare in varie parrocchie di Città del Messico, coperto dall’omertà della chiesa e dalla complicità dello stato.
Il documentario supera il caso di cronaca in due direzioni, riuscendo sia a trascendere la singola vicenda per colpire l’intero apparato del potere ecclesiastico, sia a descrivere gli aspetti più intimi e personali di una violenza sessuale in modo diretto e profondo. Agnus Dei è tanto un atto d’accusa politico, quanto un film raffinato sulla psicologia dell’amore, della violenza e del riscatto.
Questo grazie allo straordinario coinvolgimento di Jesus Romero Colin, che nei tre anni di lavorazione del documentario e dopo la denuncia delle violenze subite da piccolo, ha ricostruito in analisi il significato della sua esperienza. Il film, tanto opera di Jesús quanto dalla regista, vive del suo coraggio di esporre anche i dettagli più ambigui della sua relazione con il prete e il coinvolgimento della propria famiglia – tutti temi strettamente taboo quando si tratta di violenze sui minori. Alcuni sogni di Jesus sono raccontati attraverso disegni animati, e si sente che sono sogni veri, non artefatti – oltre tutto, il documentario è tra le migliori rappresentazioni della psicoanalisi che mi sia capitato di vedere.
Durante tutto il film, Jesus cerca di rintracciare Valdes, per confrontarsi con lui e per costringerlo a confrontarsi con se stesso. Quando alle fine lo trova, la scena del loro colloquio è filmata dal vero con una telecamera nascosta: Don Valdes rimane quasi tutto il tempo in silenzio – solo per un momento, probabilmente per abitudine, cerca di difendersi con una agghiacciante retorica gesuita, pretendendo che sia Jesus a spiegargli il senso e a giustificare le sue violenze.
A livello sociale, Agnus Dei smaschera il catechismo e la virtù della castità spacciata dai cristiani come una perversione aggressiva, un desiderio di mortificazione che è facile spostare da se stessi agli altri. E smaschera l’abuso dell’amore tra padre e figlio, che è da sempre alla base del potere autoritario, utilizzato da sempre dalla chiesa con cinismo, per lo stupro come per il controllo politico.
Carlo
Melancholia
Posted: October 10th, 2011 | Author: anarcosurr | Filed under: L'age d'or | Comments Off on MelancholiaL’universo non è immobile, nè benigno. E la natura umana, lontana dall’essere ridotta ad una lotta tra le forze metafisiche del bene e del male, è caotica e indecifrabile.
Non posso fare a meno di vedere l’ultimo film di Trier, Melancholia, almeno sotto certi aspetti, come una risposta a The Tree of Life di Malick.
Un risposta beffarda: “Dai, mettiamo anche noi le scene nello spazio!”, “Ma i pianeti quando si muovono non fanno rumore…”, “Che importa, non senti che pathos?”. Le nebulose di Malick, come la lunga digressione che intreccia la storia della pietà con una versione riduttiva dell’evoluzione, si prendono (e sono state ingiustamente prese) molto sul serio – Trier invece fa scontrare i pianeti come biglie giganti, si diverte a far avverare le più becere previsioni millenaristiche, come in Antichrist si divertiva a confermare gli stereotipi della misoginia medioevale. Un gioco sui generi neanche tanto sottile, che però almeno giustifica, fino ad un certo punto, il kitsch degli effetti speciali.
Ma Melancholia è anche una risposta seria: a differenza dell’ordine cosmico di Malick, lo spazio di Trier è investito di sentimenti umani. La psiche, grande assente dalla scena del vincitore di Cannes, prende in Trier una forma concreta e vicina: la depressione – in modo realistico nella Festen al femminile della prima parte, e fantastico con il pianeta Melancholia nella seconda. In entrambi i casi un corpo estraneo, alle leggi fisiche come all’identità e alle leggi sociali.
Se The Tree of Life propone la salvezza attraverso l’accettazione di un ordine esterno e non umano, Melancholia mostra solo rapporti tra persone, per i quali la depressione è un elemento positivo, una esperienza della morte necessaria per provare empatia. Per la prima volta vediamo in un film di Trier un personaggio femminile, per quanto sofferente, capace di azioni positive per se stessa e per gli altri. In Breaking the Waves, Bess si immolava, rivoltando la sua enorme capacità di amare contro se stessa. In Idioterne, Karen metteva la sua mortificazione al servizio di un gruppuscolo di rivoluzionari ipocriti. In Antichrist l’accorta accademica femminista aveva una crisi mistica, al contrario. Solo in Dogville la sofferenza aveva, se non uno scopo, almeno un riscatto psicologicamente efficace.
Ma Melancholia in questo senso si spinge molto oltre, fino a individuare la funzione positiva della depressione. Nella prima parte del film, Justine manda all’aria un matrimonio tanto idealizzato quanto insoddisfacente e si libera da un lavoro opprimente tenendo testa al suo capo. Poco male se per farlo si comporta in modo strano – affermare sè stessi contro il mondo è sempre qualcosa di bizzarro. Nella seconda parte, è l’unica in grado di fare qualcosa di sensato di fronte all’apocalisse che per Claire e John, gli adulti “regolari”, resta una esperienza irreale, impensabile o insopportabile – e di fronte alla quale falliscono tutte le loro responsabilità.
Mentre John soccombe alla sua ingenua visione della scienza, Claire rifiuta e proietta la sua angoscia (che è la stessa di Justine, e della loro madre) nel pianeta, fino quasi a far pensare che si tratti di una sua creazione psichica. Tanto il matrimonio di Claire è reale, tanto la danza mortale di Melancholia è un prodotto dell’immaginario. Peccato che questa dimensione sia resa in modo così poco suggestivo dalle scene al rallentatore e da un troppo marcato simbolismo visivo. Una cosa simile aveva provato De Seta per dare l’idea del sogno e della sua interpretazione in Un Uomo a Metà, ma con una tecnica più fine e con risultati più convincenti.
Alla fine, quello che colpisce di più è il cieco, violento, soccorso che si porgono, da due universi paralelli, Claire e Justine di fronte alla morte, come un raro caso di solidarietà nel rigido mondo di ostruzioni e oppressione a cui Trier ci aveva abituato. In effetti, per quanto la prospettiva sia profondamente desolante, l’unica salvezza sta negli esseri umani.
Carlo
Penso ma non esisto
Posted: July 13th, 2011 | Author: anarcosurr | Filed under: La chambre d'écoute | Comments Off on Penso ma non esistoPorto, 12/07/11
In effetti, pensare non è abbastanza.
Carlo
Atomic neanderthals
Posted: June 6th, 2011 | Author: anarcosurr | Filed under: L'age d'or | Comments Off on Atomic neanderthalsInto Eternity di Michael Madsen è un film di fantascienza, per due ragioni: una apprezzabile, l’altra no.
In teoria, si tratta di un documentario su Onkalos, il primo sito per lo stoccaggio permanente di scorie nucleari, in corso di costruzione in Finlandia e destinato a durare finché il suo contenuto non sia più pericoloso per l’uomo: almeno 100.000 anni.
La portata temporale del progetto è tale da suggerire di per sé uno scenario da fantascienza, ben reso nelle scene che mostrano le attuali strutture temporanee di deposito e l’immenso tunnel sotterraneo di Onkalos, abbinate a musica classica e elettronica, fotografando la poesia inquietante dei macchinari, nello stile di 2001 A Space Odyssey.
Con un tocco post-apocalittico, invece, nei momenti in cui Madsen, illuminato da un fiammifero, racconta in forma di leggenda l’origine, l’apoteosi e la fine dell’energia nucleare e delle sue scorie – “l’ultimo raggio di luce della nostra civiltà”.
Suggestivo, ma via via che ci rendiamo conto che la massima preoccupazione degli ingegneri finlandesi è di assicurare che il tesoro seppellito ad Onkalos non venga riportato in superficie da imprevedibili esseri umani neo-paleolitici, ignari dei pericoli, resi curiosi dal mistero del sito e completamente rincoglioniti dalla prossima era glaciale (tra circa 60.000 anni), la fantascienza comincia a essere troppa.
Infatti, la dimensione paradossale di Onkalos non diventa un modo di contestare l’impiego dell’energia nucleare. Vero, Into Eternity si occupa di un problema che avremo in ogni caso, visto che sono ormai 50 anni che l’uomo usa energia atomica, e che abbiamo messo in circolazione tra 200.000 e 300.000 tonnellate di scorie pericolose.
Ma la difficoltà di spiegare ad alieni e post-umani che non dovranno usare materiale radioattivo per cuocere i toast, non è certo il punto più urgente della questione.
Anche perché, senza andare lontano nel tempo e nello spazio, bisognerebbe prima di tutto spiegare come stanno le cose a qualche neanderthal atomico che ha l’intenzione di aprire nuove centrali. Per esempio in Italia.
Senza parlare di questioni di potere, di decrescita, e in fondo nemmeno di ecologia, Into Eternity sottolinea come il nucleare abbia ancora al massimo 80 anni di profittabilità, e suggerisce incidentalmente che occuparsi delle scorie in modo adeguato aggiunga un costo enorme all’impiego di questa energia. In poche parole, l’energia nucleare non è una buona idea neanche dal punto di vista economico.
Quindi risparmiate pure i soldi del cinema, e andate al referendum.
Carlo